Nuova Zelanda – Andata e ritorno…

Ho viaggiato molto nella mia vita e ho visto molti posti meravigliosi…certo, non si può vedere tutto in una vita sola e i paesi più curiosi sono sempre i più lontani (non mi spiego il perchè eheh), tuttavia esiste un paese molto molto lontano da noi che ho sempre desiderato visitare un giorno e che, con il passare degli anni, cominciavo a disperare di vedere…la Nuova Zelanda.

Primo capitolo – Il mare e l’avventura

Un popolo di marinai con l’avventura nel dna, non c’è dubbio alcuno.

La leggenda narra che, intorno al 950 d.C, un pescatore polinesiano di nome Kupe, mentre inseguiva una piovra gigante tra i flutti, deciso a catturarla ad ogni costo, scoprì lo stretto che separa le due isole della Nuova Zelanda.

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Stretto di Cook – Tra la North Island e la South Island

Rimasto stupefatto dalla bellezza di quelle nuove terre, tornò a Hawaiki (la sua terra natìa) e raccontò tutta la bellezza di quello che aveva visto. I suoi compaesani, attirati dallo stupore che aveva provato Kupe, decisero di organizzare una piccola spedizione (siamo intorno all’anno mille) ed evidentemente si resero conto che non mentiva…da quel momento quelle popolazioni polinesiane cominciarono una lenta migrazione, sprovvisti di carte nautiche e bussole, contando solo sulla loro straordinaria capacità di orientarsi osservando le stelle. E’ incredibile come questi uomini, incuriositi dalle parole di un loro compaesano, da un loro amico, abbiano deciso di sperimentare di persona quello stupore che potevano leggere sul volto di Kupe e decisero di fidarsi e di sfidare più di 2000 miglia di oceano, per vedere anche loro. Le diedero il nome Aotearoa che significa “l’isola della lunga nuvola bianca” e in effetti le nuvole non mancano mai, per la gioia di noi fotografi.0803_NuovaZelanda_0024

I Maori (termine che significa “normali”…in contrapposizione agli invasori europei) rimasero, nell’immaginario europeo, parte della Terra Australis Incognita fino al 1642, quando Abel Janszoon Tasman, navigatore, esploratore e cartografo olandese al servizio della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, avvistò South Island. Seguendo le sue coste, si diresse verso nord fino allo stretto di Cook, dove tentò di sbarcare ma il suo primo incontro con la popolazione Maori fù un vero e proprio disastro: una delle sue navi fu attaccata da alcuni Maori a bordo di canoe da guerra e quattro membri dell’equipaggio furono uccisi.

Tasman chiamò il luogo dell’attacco Murderers’ Bay (Baia dell’assassino, oggi Golden Bay) e, senza aver nemmeno messo piede a terra, se ne andò, credendo di aver incontrato un immenso continente ignoto invece di una isola sperduta del pacifico. Chiamò quelle terre Nieuw Zeeland, dal nome di una regione dei Paesi Bassi.0803_NuovaZelanda_0022

Ma fu James Cook, probabilmente uno dei più grandi esploratori mai esistiti, che, dopo aver avvistato la costa orientale di North Island, approdò a Poverty Bay e, dopo non pochi tentativi mal finiti, ebbe i primi contatti amichevoli con gli indigeni. In quegli anni vi era uno stimolo molto forte ad esplorare zone sconosciute oltre i confini dei mari inglesi e Cook coltivava, fin da piccolo, il desiderio di cavalcare l’ignoto e amava avventurarsi fuori casa in solitudine; a sedici anni fu mandato a lavorare come garzone a Staithes, un villaggio di pescatori del nord. Chissà quanti racconti avrà sentito dai marinai che si fermavano in paese tra una pinta e l’altra, chissà come si sarà sentito corrispondere. Si rese conto in fretta che il mare avrebbe dato un accenno di risposta al suo profondo desiderio e da quel momento la sua vita si dedicò a diventare “Master”.

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E così fu. Cominciò per lui un lungo periodo di apprendistato e di lunghi viaggi in cui mostrò grandi doti di comando e mise all’opera il suo grande senso di orientamento nel mondo conosciuto e non. Venuta a conoscenza delle sue grandi imprese, la Royal Society gli propose di organizzare un viaggio nell’Oceano Pacifico allo scopo di osservare il passaggio di Venere davanti al Sole e di seguire, subito dopo, il progetto di altre esplorazioni. L’operazione si svolse con tutte le accortezze di cui era capace Cook ma, a causa della mancanza di materiale scientifico adeguato, non poteva essere precisa come lui avrebbe voluto e questo lo portò fino alle coste della Nuova Zelanda. Combinando l’arte marinaresca con un grande talento cartografico, riuscì a circumnavigare le isole e a disegnare le carte dei loro confini, mappe che sono state considerate valide per più di 150 anni. L’approdo sulla nuova terra non fu affatto facile e venne anche lui respinto più volte al largo ma, dopo molti tentativi, fu lui il primo a mettere piede e ad avere i primi contatti amichevoli con alcuni clan maori rivendicando l’isola alla Corona inglese.

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North Island

Il fatto che a scoprire questo piccolo paradiso siano state due figure come Kupe e James Cook ha sempre colpito molto la mia immaginazione: due marinai esperti, attratti dal mare e dall’ignoto, due avventurieri che “casualmente” hanno trovato un pezzo di paradiso in terra, due culture differenti per molti aspetti che, seguendo le stelle, hanno colonizzato un territorio puro, incontaminato e si sono trovati nelle condizioni di vivere insieme…due uomini con lo stesso cuore e con metodi umani diversi che hanno scoperto una terra nuova e hanno convinto i loro popoli a seguirli. Con tutta la fatica che questo ha portato e porta oggi.

In un periodo storico come quello in cui viviamo, dove popoli migrano in massa per fuggire dalla guerra o per trovare un posto felice in cui fermarsi, mi è sembrato attuale e utile guardare come hanno fatto loro a convivere; mi è sembrato affascinante e interessante provare a immedesimarmi in questi indigeni che vedevano “l’uomo bianco” giungere dal mare e immedesimarmi nei coloni che, disposti a sfidare per mesi l’Oceano e la morte, cercavano un nuovo inizio su una nuova terra promessa. 0804_NuovaZelanda_0198Da una parte un popolo guerriero, diviso in tribù, sempre in lite tra loro, molto coraggioso e impavido, uomini cruenti e violenti, a volte, ma sempre con il desiderio di vivere in pace e in armonia; probabilmente anche molto soli, lontani da altre culture e nazioni, sempre a stretto contatto con gli stessi clan rivali, rimasti staccati dal resto del mondo e, chissà magari, con un desiderio di novità nel profondo di ritornare sulle loro barche a sfidare il mare, liberi di ricominciare lontano da tanta guerra e dolore. Dall’altra parte una nazione abituata a girare il mondo e a farlo suo, un popolo viaggiatore e curioso che aveva già toccato quasi tutti i confini della Terra, abituato a incontrare popoli diversi e, spesso, a conquistarli con la forza. Probabilmente uomini duri quanto i Maori, resi aridi da anni di navigazione e da bicchieri di rum, capaci di combattere contro l’Oceano in tempesta e farlo bene perchè mestiere loro; alcuni desideravano solo finire in fretta, ritirare la paga e ripartire per una nuova meta, un viaggio senza fine in balìa della corrente o dei venti; magari per altri si era

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Milford Sound – Fiordland National Park

esaurito il gusto per l’avventura e per il pericolo, si stava infilando in loro il desiderio di una vita più tranquilla, di un luogo in cui costruire la propria casa e in cui trovare l’amore e la felicità, farla finita con quel viaggiare infinito, scappare da un paese pieno di contraddizioni in cui ci si può sentire solo un numero o un nome in mezzo a tanti e fermarsi, ricominciare.

Più attuale di così…

Credo che, se vi siete incuriositi anche voi e vorrete seguirmi nel mio tentativo di raccontarvelo, sia necessario non scordarsi mai di questo cuore umano…un cuore proprio come il nostro.

Al prossimo capitolo…

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